Anci Risponde
Il limite all’assunzione di un libero professionista titolare di partita IVA
Il limite all’assunzione di un libero professionista titolare di partita IVA
Un libero professionista può essere assunto da una PA, conservando temporaneamente la partita Iva per consentirgli d’incassare pregressi compensi maturati per la sua attività professionale.
Il servizio Anci Risponde (qui tutti i dettagli sul servizio stesso), sollecitato da uno specifico quesito posto da un Comune che intendeva assumere un avvocato titolare di partita Iva, ha così espresso il suo orientamento. Per parte sua, l’avvocato poneva il problema se potesse ricevere alcuni crediti che comunque si sarebbero manifestati non nell’immediato, ma in futuro, come, ad esempio, quelli derivanti de sentenze favorevoli oltre a quelli per i quali non aveva ancora emesso fattura, pur avendo svolto una ponderosa attività legale. A tal fine, l’interessato chiedeva se avesse potuto mantenere aperta la sua posizione con partita IVA al solo scopo di emettere le relative fatture quando i crediti sarebbero stati esigibili, senza effettuare alcuna attività ulteriore di difesa, ma solo per poter estinguere le sue obbligazioni attive.
Per chiarire la complessa situazione determinatasi e fornire un parere fondato e affidabile, gli esperti di Anci Risponde hanno analizzato e valutato la normativa e gli orientamenti precedenti sussistenti, a cominciare da quelli sostenuti dall’Agenzia delle Entrate. Uno soprattutto: “Il professionista che non svolge più l’attività professionale non può cessare la partita IVA in presenza di corrispettivi per prestazioni rese in tale ambito ancora da fatturare ai propri clienti. L’attività del professionista non si può considerare cessata fino all’esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all’interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, e in particolare, di quelli aventi a oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell’attività professionale. La cessazione dell’attività per il professionista non coincide, pertanto, con il momento in cui egli si astiene dal porre in essere le prestazioni professionali, bensì con quello, successivo, in cui chiude i rapporti professionali, fatturando tutte le prestazioni svolte e dismettendo i beni strumentali. Fino al momento in cui il professionista, che non intenda anticipare la fatturazione rispetto al momento d’incasso del corrispettivo, non realizza la riscossione dei crediti, la cui esazione sia ritenuta ragionevolmente possibile, l’attività professionale non può ritenersi cessata” (Agenzia entrate Risposte alle istanze di consulenza giuridica n. 20 del 29/11/2019).
L’Agenzia – fanno notare comunque gli esperti – non si è invece espressa, non avendone la competenza, sull’applicazione della disciplina delle inconferibilità e incompatibilità riguardanti il rapporto di pubblico impiego. In altri termini, nell’evidenziare che, per la riscossione dei crediti, è necessario per il professionista mantenere aperta la partita Iva, non si è invece pronunciata sull’aspetto principale del quesito, ossia se mantenendola aperta, sia possibile essere assunto come dipendente pubblico. La disciplina del pubblico impiego – aggiungono però – esclude che un pubblico dipendente, a meno che non sia a tempo parziale non superiore al 50%, possa svolgere attività industriali, commerciali e professionali, cioè le attività imprenditoriali di cui all’articolo 2082 cod.civ. e le attività libero professionali per il cui esercizio sia necessaria l’iscrizione in appositi albi o registri. Perché, in tali casi, sarebbe violato l’obbligo di esclusiva nei confronti dell’Amministrazione di appartenenza. L’apertura e il mantenimento di una partita Iva presuppone, invece, l’esercizio abituale e prevalente di una qualsiasi attività economica, e quindi è in conflitto con il vincolo di esclusività sancito dall’art. 53 del d.lgs. 165/2001.
Una posizione molto chiara, dunque. Tuttavia – proseguono nel ragionamento gli esperti di Anci Risponde – va però evidenziato che, in merito alla possibilità per il professionista di cessare l’attività professionale prima di avere incassato tutti i compensi, nel corso degli anni si sono alternati orientamenti diversi, citando in particolare un’altra affermazione dell’Agenzia delle Entrate, oltre a quella precedentemente espressa, in base alla quale “laddove un contribuente cessi l’attività quando ancora esistono compensi fatturati e non ancora riscossi……. è rimessa alla scelta del contribuente la possibilità di determinare il reddito relativo all’ultimo anno di attività tenendo conto anche delle operazioni che non hanno avuto in quell’anno manifestazione finanziaria” (circolare 17/E/2012, paragrafo 5.1).
Adottando questa interpretazione, seguita anche nella prassi – conclude infine il servizio Anci Risponde – appare possibile procedere alla fatturazione di tutti i compensi, compresi quelli ancora non riscossi e, successivamente, cessare l’attività professionale, computando nell’ultima dichiarazione annuale Iva anche le operazioni per le quali si è anticipata l’esigibilità dell’imposta rispetto al momento dell’effettivo incasso. Quest’ultima soluzione prospetta, di conseguenza, la possibilità di cessare l’attività professionale “anticipatamente” rispetto alla manifestazione finanziaria delle operazioni in essere ed evita problemi d’incompatibilità nell’ambito del pubblico impiego